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GENETICA E TRAUMA

  • Immagine del redattore: Helix Eventide
    Helix Eventide
  • 24 giu
  • Tempo di lettura: 5 min

La psico-genetica è un ampio settore che esamina l’intreccio (apparentemente invisibile, ma basilare) tra i geni

e le impronte lasciate dalle esperienze vissute: talvolta sgradevoli, altre volte gradevoli, ma comunque impattanti.


Ogni individuo risponde diversamente al trauma; mentre alcuni si ritrovano intrappolati nelle proprie ferite e cicatrici, altri sembrano esser dotati di una straordinaria capacità di resilienza (innata o acquisita), come fossero muniti di una “chiave biologica” che permette loro di superare anche le tempeste emotive più eversive.


Dietro questa diversità si cela la complessità della predisposizione genetica.

La risposta al trauma non è mai puramente casuale.


Diversi studi rivelano come la vulnerabilità psicologica dell’essere umano dipenda da una serie di varianti geniche determinanti la sua risposta biologica agli eventi stressanti; alcuni soggetti sono naturalmente più inclini a sviluppare disturbi mentali come il PTSD (Disturbo da Stress Post Traumatico) mentre altri sembrano quasi “eludere” i suoi effetti devastanti, manifestando una certa resistenza.


Si parla di un sottile equilibrio tra le basi fornite dalla genetica e l’abilità ambientale di “redigere una storia”.

Tra i fenomeni coinvolti, è doveroso far riferimento alla cosiddetta “Metilazione del Dna” che potrebbe anche essere considerata una sorta di “Alchimia del Trauma”.


Si tratta di un processo che comporta la modifica dell’espressione genica senza alterarne la sequenza e rappresenta uno degli strumenti attraverso cui il corpo registra il proprio trascorso.


Ogni sconvolgimento psichico lascia una traccia sulle cellule, alterando l'attività dei geni e variando la modalità responsiva a nuovi ostacoli. Questo meccanismo epigenetico permette di comprendere come i traumi non solo segnino, ma possano metamorfosare (anche fortemente), le proprie predisposizioni biologiche non essendo

(il DNA) un’entità statica, bensì un palinsesto che, attraverso gli eventi, riscrive la propria espressione.


Le implicazioni cliniche di queste scoperte sono degne di nota, poiché consentono di adottare una nuova visione circa il trattamento dei disturbi psicologici, conscia del fatto che ogni percorso dovrebbe essere modellato non

solo sull’anamnesi personale dell’individuo, ma anche sul suo patrimonio genetico che, se adeguatamente analizzato e compreso, è in grado di fornire una miriade di informazioni utili non solo alla cura e al ripristino, ma anche alla prevenzione e al progresso.


Attraverso il mio lavoro ho avuto modo di osservare e sperimentare come l’applicazione di terapie mirate, che includano approcci farmacologici e psicoterapici direttamente orientati sui meccanismi epigenetici, consenta di strutturare trattamenti maggiormente efficaci e su misura di chi li riceve.


Qualche Approfondimento e Chiarimento


Nel processo della metilazione vengono aggiunti gruppi metilici (-CH3) a specifiche basi del DNA; generalmente alle citosine, che sono una delle sue quattro componenti basali (basi azotate). Questa aggiunta, come detto in precedenza, non modifica la sequenza del DNA, ma cambia l'espressione dei geni; in pratica, quando una citosina

è metilata, può impedire l'attività di un determinato gene, rendendolo parzialmente attivo o totalmente silente.


Tutto ciò avviene grazie a degli enzimi chiamati “DNA metiltransferasi” e si verifica soprattutto in specifiche regioni del DNA, come quelle dette “promotrici dei geni” (fondamentali per l'attivazione o la disattivazione di essi); un "interruttore molecolare”, in un certo senso.


È un tipo di meccanismo strettamente correlato all'ambiente e ad altri fattori come lo stress e lo stile di vita, perciò incide considerevolmente sulla risposta psico-biologica delle creature.


È una delle ragioni per cui i traumi possono "scrivere" sul DNA, lasciando una scia che può perdurare nel tempo.

È, quindi, un qualcosa di negativo che andrebbe contrastato? Assolutamente no.


Ci si riferisce ad un sistema naturale ed essenziale, che si verifica costantemente all’interno del corpo.

Non avviene esclusivamente in seguito a fattori esterni e ad eventi traumatici, ma è parte integrante del suo naturale processo di regolazione. È necessario per una corretta funzionalità cellulare e stabilità genomica.

Durante lo sviluppo embrionale, determina la differenziazione cellulare, ad esempio.

È indispensabile, inoltre, per l’inattivazione del cromosoma X nelle donne, in modo tale che soltanto uno dei

due cromosomi X sia attivo in ciascuna cellula.


Il problema sorge quando la metilazione risulta alterata; può essere, infatti, eccessiva o insufficiente in specifiche aree. Quando eccede può silenziare geni protettivi come quelli che regolano la risposta allo stress (l’FKBP5, che bilancia la reazione al cortisolo, e il BDNF) mentre quando scarseggia può attivare, in modo anomalo, geni che dovrebbero rimanere silenziati. Questa disregolazione è spesso implicata in patologie e disturbi come il PTSD, appunto, la depressione ed alcune forme tumorali.


L’equilibrio, anche in questo caso, riveste un ruolo primario e dimostra come uno stesso processo fisio-funzionale possa assumere connotazioni opposte, se turbato.


Alcuni recenti studi ci hanno permesso di identificare diversi polimorfismi genetici coinvolti nella risposta agli

stati tensivi e alla regolazione emotiva; determinati alleli possono amplificare la vulnerabilità a sviluppare molteplici psico-patologie.


Varianti geniche di COMT (catecol-O-metiltransferasi) e MAOA (monoamina ossidasi A) possono predisporre

ad una maggiore reattività emozionale.


Esistono altre versioni che, al contrario, innescano meccanismi di resilienza genetica che conferiscono all’individuo la capacità di superare un trauma evitandogli di sviluppare disturbi psichici permanenti.

Facilitando la plasticità neuronale, incentivano risposte maggiormente adattive.


È il caso del gene BDNF (Brain-Derived Neurotrophic Factor), citato precedentemente e particolarmente interessante in questo contesto, essendo coinvolto nella crescita e nella sopravvivenza dei neuroni; una sua maggiore espressione, aumenta la capacità di recupero psicologico. Geni come OXTR, che codifica per il recettore dell’ossitocina, sono corresponsabili nella costruzione dei legami affettivi e del comportamento sociale.


(I polimorfismi, in generale, svolgono una caratteristica funzione nell’indurre la suscettibilità delle risposte organicistiche nei confronti degli stimoli endogeni ed esogeni; perciò, conoscere quelli propri di un individuo consente di valutare/stimare l’aumento del rischio specifico.


Gli SNP [Polimorfismi a Singolo Nucleotide], per esempio, possono influire in diversi modi: causando, a seconda dei casi, una maggiore o minore produzione di una data proteina rispetto alla norma; oppure alterando l’efficienza delle proteine prodotte, che potrebbero incorrere in un malfunzionamento o in una più accentuata instabilità.


Alcuni di questi SNP sono in grado d'influenzare il modo in cui i farmaci vengono assimilati; la sensibilità alle intolleranze alimentari e cutanee; predisporre a patologie reumatiche, neurologiche, metaboliche e cardiovascolari.


Altri incidono sulla capacità tissutale di utilizzare in modo appropriato il glucosio con inevitabili conseguenze sul piano metabolico. Un ulteriore gruppo contribuisce alla qualità relativa la produzione di sostanze interessate nei processi difensivi dell’organismo contro i danni ossidativi [mediati dai cosiddetti “radicali liberi”, se generati in eccesso] e/o all’attività flogistica).


La plasticità epigenetica, che consente la duttilità dell’espressione genica in risposta all’ambiente, è fondamentale per comprendere meglio come biologia e contesto interagiscono.


L’esposizione ad esperienze positive incoraggia, più probabilmente, la flessibilità potenziando (di conseguenza) la capacità adattiva. I vissuti traumatici, invece, possono alterare i pattern di metilazione dei geni correlati ad essa.


La ricerca ha per di più rivelato che gli interventi terapeutici stessi possono alterarli, rimarcando il carattere transitorio della riprogrammazione epigenetica.



- 𝐷𝑟. 𝑉𝑎𝑙𝑒𝑟𝑖𝑎 𝐺ℎ𝑖𝑠𝑢

𝑆𝑝𝑒𝑐𝑖𝑎𝑙𝑖𝑠𝑡𝑎 𝑖𝑛 𝑃𝑠𝑖𝑐𝑜-𝐺𝑒𝑛𝑒𝑡𝑖𝑐𝑎

 
 
 

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